Cosa è un gioco di ruolo

Tratto dall'introduzione del manuale
scritta da Riccardo Lancellotti


Gioco di ruolo e psicanalisi

Spesso, parlando di giochi di ruolo, viene toccato il problema del legame con alcune tematiche psicanalitiche. Riguardo questo argomento si individuano due scuole di pensiero: c'è chi ritiene che il gioco di ruolo (GDR) si origini dalle tecniche psicodrammatiche introdotte da J.L. Moreno nella psicanalisi e chi nega fermamente questo legame.
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aspetto comune tra le due attività è la funzione catartica (cioè liberatoria e purificatrice) che esse possono avere. È cioè possibile scaricare tensioni e conflitti rappresentandoli nell'ambiente terapeutico dello psicodramma o esprimendoli nella realtà fittizia del gioco di ruolo. E' tuttavia innegabile che, accanto alle caratteristiche comuni, esistano anche delle differenze significative tra queste due attività.
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Sì. Ma COSA è il gioco di ruolo?

Tutte le volte che ho tentato di spiegare cosa intendo per gioco di ruolo ho trovate le mie parole inadeguate e mi sono sentito molto stupido agli occhi dell'altro. Il fatto è che la parte più interessante e avvincente del gioco di ruolo è, a mio avviso, legata ad una serie di sensazioni e di pensieri troppo personali per essere espressi e condivisi. Per questo di solito concludo le mie esposizioni con una frase tipo: "Comunque non è possibile capire veramente cosa è il gioco di ruolo senza provarlo". Ma procediamo con ordine: con gioco di ruolo si intende l'attività di un gruppo di persone (i giocatori) che interpretano dei personaggi immaginari (detti Personaggi Giocanti o PG) che si muovono all'interno di un contesto anch'esso immaginario e interagiscono con esso. Il contesto è costituito da luoghi, animali, cose e persone (Personaggi Non Giocanti o PNG). I personaggi vivono delle avventure e i giocatori con loro. Più avventure legate tra loro da un filo conduttore e che condividono la medesima ambientazione sono dette una campagna. Stabilito questo glossario minimo cerchiamo ora di osservare il gioco di ruolo da un altro punto di vista: i giocatori sono persone che si ritrovano tra loro con cadenza più o meno fissa. Ognuno ha con se fogli, penne e dadi. Un giocatore particolare (solitamente chiamato Master) guida il gioco: esso cioè propone l'avventura per il gruppo e gestisce il contesto in cui si muovono i PG. Gli altri invece interpretano i loro rispettivi personaggi. Tale interpretazione avviene solitamente parlando in vece di questi e dichiarando e descrivendo le azioni compiute. I dadi vengono usati per decidere l'esito di azioni non scontate: operazioni complesse come la formulazioni di incantesimi non riescono in maniera automatica. I dadi (ma esistono giochi che usano altri espedienti) vengono usati per realizzare il concetto di una probabilità di successo inferiore al 100%. I PG guadagnano esperienza dalle avventure che affrontano e questo si traduce nel gioco in un aumento delle loro potenzialità: personaggi con maggiore esperienza hanno delle capacità nettamente superiori rispetto a personaggi novelli. Comunque non è possibile capire veramente cosa è il gioco di ruolo senza provarlo.
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Il rapporto tra giocatore e personaggio nei giochi di ruolo

Il rapporto che si viene a instaurare tra un personaggio e il giocatore è, a mio avviso, l'aspetto più interessante e gratificante del gioco di ruolo. È anche, però, una cosa talmente personale che qualunque pretesa di trattare l'argomento in maniera esauriente e completa è infondata. Pertanto non posso fare altro che appoggiarmi alla mia esperienza personale e alle esperienze che altre persone hanno condiviso con me. Trovo che un personaggio sia per certi versi come un paio di scarpe. Il rapporto con le scarpe si costruisce nel tempo: all'inizio sono estranee, fanno venire le vesciche; poi lentamente si adattano ai nostri piedi, si ammorbidiscono e aderiscono alle nostre esigenze. Anche un personaggio all'inizio è difficile da gestire e da caratterizzare, poi pian piano inizia un processo di identificazione con il personaggio che lo trasforma in un vero e proprio alter-ego del giocatore: su di esso vengono riversate aspirazioni e paure, che rendono il personaggio "vero" aumentandone lo spessore e creando un legame tra esso e il giocatore. Questa proiezione delle caratteristiche del giocatore sul personaggio è, a mio avviso, un processo affascinante e uno strumento di auto-conoscenza efficace: osservando i miei personaggi, infatti, riesco a scoprire aspetti di me altrimenti invisibili. L'analogia con le scarpe può forse essere spinta anche oltre: capita, a volte, che un personaggio si accresca grazie alle nostre proiezioni, ma non riesca a seguire la nostra evoluzione come persone. In questo caso il personaggio diventa come un paio di scarpe troppo vecchie che l'uso ha sformato oltre misura ma cui siamo affezionati e che per questo siamo restii a lasciare, anche se il personaggio (o le scarpe) non ci offrono più le gioie che ci davano all'inizio della loro carriera. Esistono altri modi di giocare e di intendere i personaggi, ma, da quanto ho visto e sentito, questi meccanismi di proiezione e identificazione sono sempre presenti anche se in misura differente e hanno un ruolo decisivo nel processo che porta il giocatore ad affezionarsi al personaggio. [..]